Kazuyo Sejima

21st Century Museum, Kanazawa, Japan

 “Quando ci troviamo in uno spazio progettato dalla Sejima”, ha detto Toyo Ito, “abbiamo la possibilità di vivere un rapporto totalmente nuovo tra spazio e corpo. Siamo spinti a provare esattamente lo stesso tipo di esperienza spaziale che risulterebbe dal camminare per le città e le strutture di un videogioco. Uno spazio di questo tipo non ha trama né odore; ha una dimensione fisica e una dimensione astratta nello stesso tempo. Non possiamo fare a meno di sentire che i nostri corpi sono come quelli di androidi in uno spazio in cui non emanano calore, odore o sudore”.

Contestando le etichette di “architettura effimera” o “minimalista”, che la critica più superficiale ha incollato alle opere dello studio giapponese, Dal Co ha parlato del “senso di precarietà” contenuto nelle loro opere. Una “precarietà” che fa riflettere sulla “vita breve dell’architettura”, “una vita che non può pensare al futuro”. 
Ecco dunque il segreto dell’architettura di Sejima e Nishizawa: il progetto di uno spazio etereo drammaticamente calato nelle contraddizioni del presente.
Un presente che, nell’architettura dello studio SANAA, mette in relazione l’esterno con l’interno attraverso le superfici trasparenti, gli eleganti riflessi e le rigorose geometrie. Un presente drammatico e gioioso, sacro e profano, caotico e ordinato, intimo e collettivo, caldo e freddo, iroso e sereno, come tutti i momenti della nostra vita.

Lorenzo Manfredi

Opalescenze giapponesi